Angelo Floramo
È la notte del Venerdì Santo del 1420. Lodovico di Teck, ultimo Patriarca in temporalibus, prepara la messa che officerà il giorno dopo davanti ai suoi fedeli, l’ultima del Patriarcato di Aquileia. Aggirandosi nello spazio della cripta della basilica, nelle radici stesse della terra millenaria che sta per cadere in mano veneziana, il patriarca ci lascia intuire che ci troviamo in realtà sul bordo delle cose, sul confine estremo dove si intrecciano a gomitolo tanti confini: quello tra il giorno e la notte; quello tra lo Stato patriarcale e la Repubblica di Venezia; quello tra un ‘prima’ glorioso, ricco di stupori e di meraviglie e un ‘dopo’, avvolto nell’incertezza e nel senso della fine. Un testo fortemente filologico e filosofico che, attraverso la forma della rappresentazione scenica, si interroga sullo svelamento e l’interpretazione della storia.
è dottore in Storia con una tesi in filologia latina medievale, insegna materie letterarie all’Istituto Magrini Marchetti di Gemona e, dal 2012, collabora con la Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli in veste di consulente scientifico per la sezione antica, manoscritti e rari. Ha pubblicato numerosi saggi e articoli specialistici aventi per oggetto il Medioevo e i suoi sogni. Ha esordito nella narrativa con Balkan Cirkus (2013), cui hanno fatto seguito, per i tipi di Bottega Errante Edizioni, Guarneriana segreta (2015), L’osteria dei passi perduti (2017), La veglia di Ljuba (2018), Il fiume a bordo. Viaggio sentimentale tra il Tagliamento e l’Isonzo (2020, con Mauro Daltin e Alessandro Venier.