Elfriede Jelinek
A cura di Luigi Reitani
In un monologo virtuoso e incalzante, gli episodi più celebri della vita di Jacqueline Kennedy scorrono sulla scena come le stazioni di un dramma personale che a poco a poco si rivela essere la grandiosa costruzione di un mito dei nostri giorni. Jackie è figura di pura rappresentanza, in cui persino i sentimenti sono asserviti alle esigenze della ragion di stato. Per questo la fisicità della donna scompare dietro agli abiti, anzi la sua stessa figura si riduce ai capi indossati, alla maschera esibita. Contrapposta a Jackie è Marylin Monroe, espressione di corporeità e di luce, vittima predestinata e sacrificale. Graffiante e amara indagine del rapporto tra potere e femminilità, Jackie rivela tutta la potenza espressiva del teatro di Elfriede Jelinek.
Nata a Mürzzuschlag, in Stiria, nel 1946, ha ricevuto nel 2004 il Premio Nobel per la letteratura, «per il fluire musicale di canto e controcanto nei romanzi e nei drammi, che con straordinario ardore linguistico rivelano I’assurdità dei clichè della società contemporanea e il loro potere soggiogante». Diplomata in organo al conservatorio di Vienna nel 1971, dopo aver interrotto gli studi in scienze del teatro e dell'arte, Elfriede Jelinek ha debuttato giovanissima nel 1967 con una plaquette di poesie, a cui hanno fatto seguito negli anni numerosi drammi, prose e interventi saggistici. All'impegno civile unisce da sempre una spiccata sperimentazione linguistica, che I’ha portata ad essere vicina ai gruppi dell’avanguardia letteraria austriaca. Tra le sue opere principali si ricordano i romanzi La pianista (1983), La voglia (1989), I figli dei morti (1995) e i drammi Cosa accadde dopo che Nora ebbe Iasciato suo marito, ovvero le colonne delle società (1977) e Sport. Una pièce (1997).