Roberta Borgna
Indagine psicologica, crisi individuale e incomunicabilità sono solo alcuni dei nuclei tematici di The Return (1897), un racconto del primo Conrad cui la critica, influenzata dalle opinioni negative dello scrittore e dei suoi contemporanei, ha finora dedicato poca attenzione. Questo close reading della storia di Alvan Hervey e della moglie, perfetti borghesi della Londra di fine Ottocento, dimostra invece la validità del testo, proponendone una ricollocazione nel più ampio panorama della narrativa conradiana, e una rivalutazione che però non dimentica di riconoscere quei limiti che ne hanno a lungo impedito il successo. Il volume si articola su diversi livelli di indagine, dalla classificazione del genere all’analisi dello spazio in cui si muovono i due protagonisti, colti prima separatamente e poi nel pieno di una crisi di coppia sorprendentemente moderna. Assimilando la lezione dei modelli francesi e anticipando al contempo le avanguardie pienamente novecentesche, il racconto svela un Conrad atipico, lontano dalla limitante etichetta di ‘scrittore di mare’ anche per la capacità di cogliere, nelle riflessioni di Alvan davanti allo specchio, e ancor più nelle rifrazioni della sua immagine e della sua psiche, i dubbi e le inquietudini dell’uomo moderno.