Tito Maniacco
«Quei bambini che mi guardavano sorridendo allegri… erano bellissimi perché emanavano dagli abiti rattoppati con cura e dagli scarpets una specie di assorta dignità che sfavillava dagli occhi e si diffondeva come un’aura intorno alla persona».
È il 1956 quando un giovane maestro al suo primo incarico viene mandato a Moggessa, un paesino sperduto della Carnia allora privo di strade e di elettricità. La vita di quella piccola comunità di montagna, che pur nella completa autosufficienza avverte già i primi segni del suo imminente dissolversi di fronte all’avanzare del ‘mondo grande e terribile’, scorre scandita dai ritmi naturali delle stagioni. In essa spazio e tempo sono ancora a misura d’uomo. L’atmosfera che avvolge il protagonista, quando dalla pianura risale nella vallata per raggiungere la scuola, lo costringe ogni volta a una sosta, quasi un rito di purificazione necessario per entrare nel cerchio magico del villaggio e liberarsi così dai pensieri della città, dalle proprie letture e dai principi dei pedagogisti famosi che gli paiono ora così inadeguati al sentire di quei luoghi. Sarà l’incontro con l’innocenza ‘non misurabile’ dei bambini e con la saggezza pratica dei vecchi del paese a dare un senso alla sua missione e forse alla sua stessa esistenza.
Tito Maniacco (Udine, 1932-2010), insegnante, storico, scrittore e poeta, è stato anche critico, curatore di mostre e artista. Fu profondamente legato al Friuli che descrisse nelle sue opere a partire dagli anni Cinquanta con il gruppo neorealista facente capo alla rivista «Momenti», su cui pubblicò le prime poesie. Della sua intensa attività letteraria ricordiamo l’opera in tre volumi I senza storia. Storia del Friuli (1977-1979) e i romanzi L’uomo dei canali (1993), Patriarca nella nebbia (2004) e Figlio del secolo (2008). Fu insignito del Premio Epifania 2003 e del Premio letterario Caterina Percoto 2008 (ex aequo con Antonella Sbuelz). Nell’ottobre 2008 ricevette dal Comune di Udine il sigillo della città.