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Basso Medioevo

Patriarchi

Il castello di Villalta di Fagagna.
Il castello di Villalta di Fagagna.
Arca marmorea
L'arca marmorea del beato Bertrando nel duomo di Udine.

Il PATRIARCATO DI AQUILEIA deteneva il potere spirituale e temporale su di un’area molto vasta, che travalicava il confine naturale alpino: Friuli, Slovenia, Istria, Cadore, parte dell’Austria (Carinzia e Stiria) e del Veneto. Con la sua affermazione, si costituì progressivamente una forma piuttosto evoluta di organizzazione politica nell’Europa medievale, che aveva giurisdizione sul territorio friulano, da allora denominato 'Patria del Friuli'. Grazie alla relativa stabilità di quei secoli e all’accresciuto volume di scambi commerciali con l’oltralpe, il benessere della popolazione accrebbe. Le prime parziali forme di riscatto dalla servitù, unitamente alla comparsa delle primigenie forme di aggregazione e partecipazione popolare alla vita pubblica – i villaggi, le ville –, costituirono due rilevanti fattori durante questa fase, sui quali nei secoli a venire si conformerà il territorio friulano.

Nella distribuzione dei poteri, fra quelli assegnati dall’imperatore al patriarca e quelli da questo delegati, di grande interesse e rilievo fu il PARLAMENTO DELLA PATRIA DEL FRIULI che, sorto già nel XII secolo, assunse man mano funzioni e prerogative sulla legislazione, sull’organizzazione dell’esercito e sulla gestione delle finanze di quello che si può chiamare lo ‘stato’ friulano, affiancandosi all’autorità del patriarca. Questa sorta di ‘monarchia costituzionale’, fra i primi esempi europei di tale modalità di esercizio del potere, dovette avvantaggiare le genti friulane. L’aumento dei traffici commerciali e la compiuta colonizzazione del territorio accrebbero il peso della popolazione, distribuita sul territorio in un numero molto elevato di villaggi. Accanto a questi, cominciarono ad affermarsi le prime città, sia lungo le direttrici dei transiti mercantili verso l’area tedesca, come ad esempio Venzone e Gemona, sia in ragione delle funzioni amministrative, come nel caso di UDINE, che divenne capitale patriarcale nel XIV secolo. La convivenza in questi centri fu regolata grazie alla diffusione e accoglienza degli statuti cittadini, affermatisi durante il tardo medioevo.

L’acuirsi delle distinzioni politiche europee tra feudatari filo-papali e di fedeltà imperiale compromise l’autonomia del Patriarcato. Attorno al XIII secolo, la sua graduale uscita dall’orbita di influenza politica imperiale e la progressiva aderenza verso quella papale pregiudicarono la sua unitarietà, indebolendone la struttura politica e sociale. Con l’elezione del patriarca Gregorio di Montelongo, nel 1251, questo passaggio poté dirsi compiuto. Ciò ebbe delle conseguenze rilevanti in seno alla nobiltà feudale friulana, la cui litigiosità si acuì sensibilmente portando ad un inasprimento dello scontro tra le fazioni che sostenevano il partito filo-imperiale (ghibellini) e chi, invece, aderiva alle scelte filo-papali (guelfi). Le lotte investirono anche i governi delle città, come accadde fra Udine e Cividale, la cui rivalità ha contrassegnato molti episodi della storia friulana sin da questi secoli.

Indebolito da questo scenario, il Friuli si trovò alla mercé della nuova politica espansionistica dei veneziani, decisi a conquistare, dopo aver primeggiato sul mare, anche la terra: la ‘Terraferma’, per l’appunto. Nel 1420, dopo una fugace azione militare, il Friuli fu annesso con il cosiddetto patto di dedizione alla Repubblica Serenissima di Venezia. Esclusi dal dominio veneto rimanevano ancora diversi territori, sia delle enclave, come Pordenone, che delle aree specifiche, fra le quali Gorizia e il goriziano, che soltanto nel 1500 divenne Contea in seno all’Impero asburgico. A seguito di questi fatti trovò definitiva affermazione la dualità politica del territorio friulano diviso tra le contrapposte sfere di influenza veneziana e asburgica, con dei profondi riflessi sulla società e sulla cultura nei secoli successivi.