Alto Medioevo
Cammina cammina... dalla via dell'Ambra alla via della Fede
Un elemento cruciale per la storia e per la cultura friulana fu la diffusione del
Cristianesimo, impostosi definitivamente intorno al V secolo a discapito dell’insieme di culti preesistenti, che furono definiti ‘pagani’. Tracce dei culti pre-cristiani, tuttavia, si rilevano in alcune tradizioni popolari diffuse ancora oggi, in particolare nei rituali del fuoco: è il caso delle cìdules – le rotelle infuocate che vengono lanciate in diverse località della Carnia in determinate fasi dell’anno – oppure dei PIGNARÛI, i fuochi accesi in occasione dell’Epifania.
La metropoli di AQUILEIA fu il centro di irradiazione del nuovo credo cristiano, punto di riferimento per un territorio, molto più vasto di quello della X Regio Venetia et Histria, che si estendeva dall’area danubiana alla Lombardia, comprendendo anche la Baviera, l’Austria, la Slovenia e l’Istria.
Alla caduta dell’Impero romano (473 d.C.), minato da una lunga e profonda crisi politica, civile e militare, la regione friulana continuò ad essere terra di passaggio, ma anche di insediamento, delle popolazioni germaniche e orientali che penetravano in Italia attraverso i passi delle Alpi Giulie e Carniche. Molto rilevante e numericamente consistente fu l’arrivo dei longobardi nel 568 d.C., una popolazione germanica che proveniva dal Nord Europa attraverso la Pannonia, l’attuale Ungheria. I longobardi, dopo aver espugnato la città di FORUM IULII, l’odierna Cividale del Friuli, ne fecero la capitale del loro Ducato, che estese gradualmente il suo dominio a buona parte della penisola italiana.
L’affermazione relativamente pacifica dei LONGOBARDI in Friuli avvenne anche grazie alla loro precoce integrazione con la popolazione locale, al punto che accolsero il codice linguistico più diffuso, il latino, e la religione, convertendosi al Cristianesimo. Tuttavia, oltre ai longobardi, vi furono diverse popolazioni di origini slave che s’insediarono in Friuli in quest’epoca, contribuendo a comporre un quadro culturale – linguistico, religioso, sociale – decisamente articolato. Con il nome di Forum Iulii si cominciò ad indicare non più soltanto Cividale ma l’intero Ducato longobardo, ossia il territorio che possiamo chiamare anche oggi ‘Friuli’: l’area dalla Livenza al Carso, dalle Alpi all’Adriatico.
Di grande rilevanza per la storia del Cristianesimo fu il cosiddetto scisma dei tre capitoli, che vide la Chiesa di Aquileia, sostenuta militarmente dai longobardi, opporsi nel corso del VII secolo al Papato e a Bisanzio in difesa di quella che riteneva essere la vera ortodossia. Si consumò così, tra l’altro, una profonda frattura tra Aquileia e Grado, he era rimasta fedele a Roma; il vescovo di Aquileia cominciò a fregiarsi del titolo di patriarca e la sua giurisdizione ecclesiastica iniziò a essere chiamata ‘Patriarcato’. La sede dell’autorità patriarcale venne spostata nel frattempo da Aquileia a Cormons e, da lì, definitivamente a Cividale durante l’VIII secolo, unendo in tal modo nello stesso luogo il potere religioso e politico sul Friuli.
La fine del dominio dei longobardi, dopo le scorrerie degli avari che misero a ferro e fuoco la stessa Cividale, si data tradizionalmente al 774 con l’avvento di nuovi conquistatori germanici, i franchi, che costituirono il Friuli in marca orientale dell’Impero. Cividale mutò di nuovo nome, assumendo quello di Civitas Austriae, ovvero ‘città orientale’. L’instabilità politica che ne seguì rafforzò i signori feudali e le istituzioni religiose, indebolendo i poteri centrali. Sotto il dominio dei franchi, peraltro, il Patriarcato di Aquileia acquisì giurisdizione ecclesiastica sull’Istria, un tempo sottoposta a Grado.
Tra la fine del IX e la metà del X secolo nuove incursioni barbariche, da parte dei temuti ungari, devastarono a più riprese il Friuli; si rafforzarono, allora, le classi nobiliari e guerriere della regione, proprio a cause delle esigenze difensive, e sempre maggiore potere venne riconosciuto dall’imperatore al patriarca di Aquileia. Nella complessa articolazione di popolazioni differenti e di forze anche contrapposte che costellavano il territorio, egli rappresentava forse l’unica autorità in grado di mantenere l’ordine, grazie al quale contribuire a contenere anche le ulteriori scorrerie barbariche in questa delicata area a cavallo tra il mondo germanico, quello latino e quello slavo, tra le regioni centroeuropee e quelle mediterranee. Le ampie concessioni accordate ai patriarchi, ovvero le prerogative di natura feudale concesse loro dagli imperatori, furono definitivamente riconosciute da Enrico IV. Egli fu protagonista, contro papa Gregorio VII, nella lotta per le investiture e venne perciò scomunicato; in seguito, di ritorno da Canossa, dove dopo lo ‘schiaffo’ da parte della contessa Matilde aveva infine ottenuto il perdono papale, il 3 aprile 1077 nella dieta di Pavia ratificò il potere temporale del patriarca Sigeardo, suo fedelissimo, il quale lo aveva aiutato a rientrare in Germania attraverso il Friuli, concedendogli il titolo di duca.