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Grafia

Le differenze tra la grafia del friulano e quella dell’italiano sono poche: si tratta, in generale, di acquisire pratica per imparare a utilizzare in modo corretto soprattutto le lettere ‘speciali’ che rendono alcuni suoni del friulano, che in italiano non esistono. Di seguito si propone una breve guida per ragionare su tali differenze.

Vocali

In italiano le vocali sono tutte uguali, non nel senso che hanno lo stesso suono, naturalmente, ma perché hanno tutte la stessa durata. In friulano è diverso: esistono vocali brevi e vocali lunghe. È perciò molto importante imparare a rendere, tramite la grafia, tale differenza: la lunghezza di una vocale si indica con l’accento circonflesso ‘^’ (â, ê, î, ô, û). L’accento circonflesso su una vocale va indicato anche perché, senza di esso, la parola potrebbe assumere un altro significato:

lat / lât

Ai frutins ur plâs di bevi il lat
Ai bambini piace bere il latte

Il gno amì al è lât vie di corse
Il mio amico è andato via di corsa

pes / pês

A mi no mi plâs il pes, o preferìs la cjar
A me non piace il pesce, preferisco la carne

La cartele e à un pês, cualchi volte, di no rivâ a puartâle
La cartella, a volte, ha un peso tale che non si riesce a portarla

brut / brût

Chel vistît al è propit brut
Quel vestito è proprio brutto

Gjaline vecje e fâs bon brût (prov.)
Gallina vecchia fa buon brodo (prov.)
[ma brût ha anche il significato di ‘nuora’:
Mê brût e à non Marie, mia nuora si chiama Maria]

crot / crôt

I crots, in primevere, a craçolin tai fossâi
Le rane, in primavera, gracchiano nei fossati
[ma crot ha anche il significato di ‘senza vestiti, nudo’:
Pe visite militâr lu vevin metût crot
Per la visita militare lo avevano messo nudo]

Se no tu mal zuris, no ti crôt
Se non me lo giuri, non ti credo

mil / mîl

Gno pari al cjape mil e dusinte euros al mês
Mio padre prende milleduecento euro al mese

Chê fantate e je dolce come la mîl
Quella ragazza è dolce come il miele

In quali casi vanno indicate le vocali lunghe? Non è difficile. Le vocali lunghe si indicano, con l’accento circonflesso, solo sull’ultima sillaba, sull’ultima vocale della parola: sull’infinito dei verbi in (lâ, andare, mangjâ, mangiare, polsâ, riposare), (plasê, piacere, tasê, tacere, vê, vedere), (finî, finire, scugnî, dovere, vignî, venire), anche quando presentano il pronome riflessivo in enclisi (mangjâsi, mangiarsi, plasêsi, piacersi, finîsi, finirsi); sui participi passati come ad esempio molât (lasciato), rivât (arrivato), sclapât (spaccato), viodût (visto); sui sostantivi e sugli aggettivi come avîs (avviso), barbîr (barbiere), ledrôs (rovescio), nemâl (bue), ruspiôs (ruvido), segnâl (segnale), sflandôr (splendore); sui numerali dôs (due) e trê (tre). Fa eccezione la parola pôre (paura), che porta l’accento lungo anche se la vocale lunga non è sull’ultima sillaba.

Un’altra vocale importante, o meglio una ‘semivocale’, è la j, che ha un suono molto simile alla i. La j si segna all’inizio di parola quando è seguita da un’altra vocale: jerbe (erba), jet (letto), jevâ (alzare), jôf (giogo), joibe (giovedì), jù (giù). Lo stesso suono, nel mezzo di una parola, si scrive i, come in italiano: fertaie (frittata), paiâ (pagare), ploie (pioggia), preiere (preghiera), tabaiâ (chiacchierare).